Chi non ha mai provato almeno una volta questa terapia non è in grado di capire la sensazione fisica che questa tecnica millenaria caratterizzata da un azione vacuum è capace di generare sui tessuti muscolari contratti e sugli organi interni.
Un muscolo contratto e sovraffaticato, una rigidità articolare, un colpo di freddo ma soprattutto la pesantezza legata all’entrata dell’ umidità sono indicazioni che trovano nella coppettazione una veloce e sorprendente efficacia.
Non stupisce quindi che atleti professionisti la utilizzino preferendola ad altre metodiche di terapia fisica. In particolare negli sport acquatici dove l’affaticamento muscolare si accompagna al freddo dell’acqua l’azione della coppettazione è fondamentale e insostituibile.
L’origine di questa tecnica proviene dall’antica medicina cinese dove veniva usata in associazione alla fitoterapia e all’agopuntura per curare diverse patologie interne. Nel corso degli anni questo metodo è giunto in Europa come rimedio naturale tramandato dai nonni utilizzato in modo specifico per trattare stati febbrili, bronchiti e polmoniti.
A ogni Olimpiade vengono scritti articoli dedicati ai cerchi rossi sulla pelle lasciati dalla coppettazione oggi chiamata preferibilmente cupping therapy. Ho letto diversi articoli e quello che emergeva sempre nei diversi scritti era il far emergere questa metodica terapeutica come una tendenza da Vips più che una soluzione specifica di alcuni disturbi, quasi come si trattasse di una stravaganza altolocata. Negli articoli emergeva sempre un velato scetticismo sulla loro efficacia antidolorifica sempre preceduta da “un pare che” mentre si sottolineava soprattutto la mancanza di una approvazione scientifica e la sua possibile pericolosità se fatta da mani non esperte. Invece gli effetti di questa terapia sono fantastici e non è un caso se viene scelta da sportivi di altissimo livello e da personaggi dello spettacolo
Oggi la coppettazione può essere fatta con le tradizionali coppette di vetro rese attive ovvero capaci di creare una azione vacuum attraverso la fiamma come nel film Karate Kid (in cui venivano chiamate “coppette di fuoco”) ma possono anche essere coppette di plastica messe sotto vuoto da specifiche pompette. Gli strumenti sono sempre più sofisticati e semplici nella loro applicazione esistono coppette con uno specifico manometro capace di controllare la suzione in modo preciso e ripetibile.
Con i tempi che corrono basta poco per generare tanto rumore per nulla. Ecco che gli ematomi dati dall’azione vacuum sono messi all’indice da molti colleghi medici e talune volte dai parenti dei pazienti. E’ necessario avvisare i pazienti con cura prima di procedere al trattamento ma è possibile avere un’azione delicata e controllata data dall’esperienza di chi la pratica e dalla sua serietà.
La forza vacuum e il tempo di applicazione devono essere correttamente applicati a seconda della zona da trattare, del tipo di pelle, dell’età del paziente e adeguate a seconda del caso. In caso contrario si possono generare dei flitteni (bolle di acqua o siero) che dovranno essere medicati con cura per non lasciare segni visibili. Tenete conto che anticamente si cercava l’ematoma e alcune volte anche il flittene per avere una maggiore azione terapeutica.
Quindi si tratta di uno squisito problema estetico che una volta non si poneva neanche ma che oggi è giusto tenere in conto. In realtà nulla di veramente grave, se per esempio consideriamo i danni dati da una manipolazione sbagliata che può arrivare a un danno neurologico, oppure dalle possibili lesioni tendinee date dalle infiltrazioni cortisoniche prescritte con grande facilità dai colleghi medici.
La coppettazione può essere fatta senza lasciare ne ematomi ne flitteni e con l’approvazione e la fiducia del paziente si può arrivare a ematomi controllati che passano in meno di una settimana. Non deve stupirci però se questa tecnica è ancora troppo poco usata dai fisioterapisti. Da un lato i tuinaisti e i medici agopuntori la tengono come una loro esclusiva metodica. Dall’altra può essere fatta con costi molto inferiori ai classici macchinari di elettroterapia proposti dalle fisioterapie, di nuovo non è la macchina ma l’esperienza del terapista a fare la differenza.
La tendenza oggi nella terapia chiamata conservativa ovvero non chirurgica è ancora quella di delegare la guarigione a un farmaco oppure a una macchina e non a un professionista nel campo della riabilitazione capace di applicare un ragionamento diagnostico e scegliere la tecnica manuale più adatta. Personalmente credo che i fisioterapisti dovrebbero conoscere non solo l’anatomia e la fisiologia del corpo umano, come l’inserzione e l’azione dei diversi muscoli ma anche le potenzialità di alcune nozioni fondamentali di medicina cinese. Solo unendo le diverse informazioni e conoscenze è possibile agire in modo completo sul paziente.