La spalla congelata resta a tutt’oggi un’entità nosografia difficile da inquadrare. Sono moltissimi i pazienti che arrivano in studio dicendomi: “il medico mi ha detto che non si tratta di una spalla congelata ma di una tendinite” oppure “uno mi ha detto che si tratta di una spalla congelata e un altro no“.
A quel punto resto in silenzio per quanto possibile; non mi importa di aggiungere un altro parere alla lista già confusa di pareri accumulati dalla paziente di solito di sesso femminile che si trova di fronte a me.
Purtroppo mi è capitato di osservare in numerosi pazienti che il maggior interesse è indirizzato alla conoscenza e certezza del nome della disputata patologia in corso e non tanto a come o cosa fare per risolverla.
Curioso non trovate? Interessa sapere chi ha ragione e chi ha torto e non cosa bisogna fare per tornare a muovere la spalla in tutta la sua potenziale ampiezza e senza dolore.
Una spalla congelata può manifestarsi in maniere diverse, può insorgere da un giorno all’altro oppure in alcuni mesi, dopo un trauma fisico oppure psichico ma anche senza un apparente motivo fisico e psichico, il dolore può essere violento o sordo ma quello che non manca mai è l’impossibilità meccanica di muoverla liberamente a fondo corsa in tutte le direzioni. I diversi tendini dei muscoli che la muovono e i legamenti della spalla sono per così dire incollati tra di loro.
Una volta si diceva capsulite adesiva e questa immagine rende bene l’idea delle fibre che non possono più scorrere liberamente una sopra l’altra ma sono adese e fisse le une alle altre. Alla Rm non si evince un ostacolo meccanico al movimento come nel caso di una calcificazione e neanche una lesione specifica di un muscolo oppure di un tendine.
Niente da tagliare, rimuovere e cucire. Il lavoro da eseguire è quello di scollare le fibre tra di loro e di farle scorrere nuovamente in modo fluido e senza attrito.
Nella prima fase della patologia il dolore genera l’ostacolo maggiore ovvero impedisce al paziente di rilassare la muscolatura anche durante il riposo e a maggior ragione durante il movimento. I farmaci antidolorifici e antinfiammatori funzionano in maniera molto limitata in quanto non arrivano in quantità efficace sui tessuti coinvolti soprattutto nella fase iperacuta.
La spalla congelata rappresenta più di qualunque altra sindrome dolorosa quello che in medicina cinese prende il nome di “sindrome bi” ovvero di sindrome ostruttiva; la circolazione di sangue e di energia è completamente bloccata. Inutile e spesso controproducente applicare terapie di calore endogeno quali tecar o ultrasuono in quanto si rischia di aumentare l’ingorgo.
Per migliorare velocemente il dolore le strategie più utili sono spesso quelle combinate. Nelle forme iperacute l’ infiltrazione cortisonica capace di portare un’azione antinfiammatoria nella sede specifica, seguita da un ciclo ravvicinato di trattamenti di agopuntura con minimo una seduta 3 volte alla settimana per almeno 2 settimane con l’obiettivo di muovere l’energia bloccata, potenziare l’effetto analgesico del farmaco e rilassare i muscoli contratti, sono spesso un’ottima scelta terapeutica.
Nelle fasi dove il dolore è meno importante e non toglie più il riposo notturno o il fiato, la scelta può ricadere su una ricetta fitoterapica mirata a far circolare il qi e il sangue sulla spalla, agopuntura 1/2 volta alla settimana e fisioterapia 2/3 volte alla settimana meglio se in acqua calda e se associata a esercizi quotidiani di mobilizzazione delle spalle.
Nella fase dove il dolore compare solo dopo aver forzato sulla mobilità articolare il problema è spesso dato dalla limitazione articolare che sembra non superabile dalla semplice mobilizzazione; in questa fase il trattamento di miofibrolisi e di coppettazione diventa fondamentale per far scorrere le fibre tra di loro alla stregua (superiore in termini di velocità) all’intervento chirurgico. Il lavoro se ben fatto consente di migliorare la mobilità articolare riducendo la rigidità del movimento a fondo corsa. Sempre nell’ottica dell’intervento multidisciplinare è utile associare esercizi meglio se quotidiani dove si usa il peso del corpo per forzare l’articolarità ed un trattamento di fisioterapia mirato a potenziare il recupero articolare.
Solo a recupero completo avrà senso lavorare sul rinforzo muscolare della spalla, questo per evitare il consolidamento di compensi fisici spesso dati dall’intera colonna vertebrale, capaci di alterare l’intero schema corporeo in modo anche severo.
Un disturbo complesso e difficile da inquadrare dal punto di vista diagnostico e che necessita a mio parere di un trattamento riabilitativo strutturato e articolato capace di intervenire sui diversi aspetti del problema.