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Alle urne di ieri una percentuale insignificante: un segno

Che gli italiani siano scoraggiati perché governati loro malgrado da un capo di stato che non hanno scelto, che non ci sia più alcuna fiducia nel sistema politico e anche nel pensiero politico su questo non credo ci siano dubbi. Basta guardare sui social e in TV  e il dissenso popolare salta immediatamente al naso.

Il voto come diritto acquisito dal popolo per esprimere un parere viene snobbato in massa? Più che indignarsi sorge una domanda: perché? Perché tanto il governo e i suoi governanti faranno comunque quello che vogliono loro? E’ più che mai possibile.

Le persone sono stanche e non ci credono più, si sono convinte di essere malate dentro come se avessero un cancro e al posto di  mettersi a dieta, di cambiar vita, di tentare il tutto per tutto scelgono la via di minor resistenza senza combattere ma passivamente seguendo l’onda di quello che vien loro proposto in prima istanza.

Sono già morte in realtà, si sono spente, la loro energia gli serve a malapena per lavorare, pagare le bollette e tutte le spese che un cittadino deve sostenere per il semplice fatto di respirare. Le poche energie che avevano le consumano a informarsi fuori dai canoni del giornale ad arrabbiarsi e magari anche a divulgare quello che hanno compreso sull’inganno dello stato ma poi si esaurisce tutto.

Come i miei pazienti curvi su loro stessi che entrano in studio doloranti e super informati, sventolando il referto di una risonanza magnetica o di una TAC e nascondendosi dietro la loro famigerata scoliosi o meglio un ernia discale, magari associata a numerose  discopatie degenerative e poi i becchi osteofitici della malefica artrosi.

Quando provi a dire che qualcosa si può fare  a che bisogna lavorare con il corpo rispondono a coro “ma io non riesco a stare diritto, non sono capace”. Preferirebbero un intervento chirurgico piuttosto che mettersi in gioco. Piuttosto che trovar il tempo per provare ad aggiustare le cose preferiamo demolirle del tutto e poi agire con un bell’intervento esterno. Questo vale in tutto il mondo della medicina: non si danno speranze al paziente perché potrebbero essere disilluse e si preferisce mostrare l’evoluzione più pessimistica.

Se hai una disfagia e sei allettato non si insisterà più sulla rieducazione alla deglutizione anche se sei fuori dalla rianimazione ma si applicherà velocemente una PEG convincendo il malcapitato che in questa maniera lo spauracchio della polmonite ab ingestis verrà eliminato; peccato che in questa maniera il sistema della deglutizione verrà perso definitivamente e il paziente perderà anche il piccolo piacere di assaporare i cibi oltre che andare incontro a svariate alterazioni intestinali date appunto da una alimentazione chimica indotta artificialmente.

Per costruire ci vuole tempo e pazienza e tanto sudore e costanza, servono spesso anni di lavoro dedicati; per demolire invece ci vuole un attimo, un piccolo e semplice attimo di stupida convinzione che questa è la scelta più sensata. La mentalità di voler conservare e salvare il salvabile sembra passata di moda come un vestito. La mentalità del vuoto a perdere sembra vincere su tutto.

Siamo i figli di un pensiero demolitivo che sovrasta ogni cosa e ci circonda in ogni luogo, siamo pericolosamente passivi nell’agire e nell’opporci a questo sistema. Le urne di ieri per fare un paragone macabro ci rappresentano, sono in un certo senso un segno estremo di questa nostra estrema passività e del periodo di morte di ogni azione individuale costruttiva.

Cerchiamo di non farci contagiare tutti da questo gelo, cerchiamo di muoverci nella direzione giusta anche se ci costa un enorme sforzo e ricordiamoci che, come dice il detto cinese che i pini e i cipressi non perdono le foglie neanche in inverno. Possiamo trovare sempre delle soluzioni e anche un referendum come questo potrebbe servire a dare una voce a quelli che la vogliono dare, se solo si cambiasse il modo di calcolare il punteggio.

Dobbiamo diventare elastici per non romperci e non buttare via gli sforzi fatti al primo ostacolo, peraltro prevedibile.

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