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Come riconoscere il confine tra fare e farsi male?

E’ un argomento molto utile per coloro che lavorano duramente cercando di usare i propri sforzi per ottenere qualcosa. Il mio maestro diceva sempre che per fare la pasta è necessario avere l’acqua alla temperatura di bollitura; sotto quella anche lo chef più capace non è in grado di cucinare un piatto che raggiunga  la decenza.

Cosa significa questo? Significa che sotto un certa soglia di intensità lo sforzo non produce il risultato desiderato, in questo caso: un piatto di pasta buono. E’ logico che questa legge della soglia che si trova nel corpo umano e in particolare nel sistema nervoso con il nome di legge del tutto o nulla dipende da numerose variabili esattamente come l’acqua per la pasta.

Non solo la temperatura, la quantità di acqua, il materiale con il quale è prodotta la pentola, la temperatura esterna e la temperatura dell’acqua, la presenza di elementi nell’acqua e molti altri.

Trasportando questa ovvietà nello sport o se preferiamo nel nostro concetto di allenamento o movimento che produca salute e benessere psicofisico il discorso è lo stesso. Esiste una soglia sotto la quale l’esercizio terapeutico o salutistico non produce un gran che.

Esiste una soglia oltre la quale l’esercizio diventa efficace esattamente come la dose di un farmaco e ovviamente esiste un dosaggio critico definito tossico oltre il quale l’effetto del farmaco diventa dannoso. Quando si lavora con alcuni farmaci ma anche con alcuni pazienti molto severi succede che  questi due limiti siano molto vicini ed è necessaria una estrema attenzione oltre che la possibilità di riconoscere che in alcuni casi è comunque importante osare sapendosi poi fermare per trovare il giusto livello di trattamento efficace non dannoso.

Nella vita di tutti e con persone sane il discorso è diverso ma è comunque fondamentale capire che da un lato la ripetizione di un certo lavoro per noi efficace può anche essere considerato la variante fondamentale potenzialmente dannosa ma soprattutto la nostra condizione psicoficica non solo generale ma di ogni singola volta che eseguiamo lo stesso lavoro.

La stanchezza psichica o fisica, date da un infinità di possibili fattori ed interferenze esterne fanno si che la stessa corsa fatta con le stesse scarpe e lo stesso percorso e la stessa velocità di sempre, possa in un altro momento farci male e viceversa, essendo ben allenati un’emozione o un colpo di freddo che sentiamo aggredirci fisicamente  possono essere curati e rimossi sul nascere facendo una corsa e dei movimenti fisici di una certa intensità.

La realtà è che non esiste una regola valida per tutti e per tutti i casi: il limite non è quasi mai sempre uguale e soprattutto è diverso per ognuno. Occorre imparare ad ascoltarsi e ad usare il cervello per capire quando ci stiamo avvicinando ad un vero limite, oppure quando lo stesso è solo nella nostra mente.

Un buon modo in realtà è proprio quello di volgere i nostri sforzi non tanto sulla comprensione della realtà di un dato limite, quanto alla nostra capacità di ascoltarci in modo più veritiero e preciso. Con l’aumento di questa capacità aumenterà anche la nostra precisione nel percepire noi stessi e quindi la realtà o meno di un dato limite.

 

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