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I trigger points e le algie muscoloscheletriche

Le informazioni contenute in questo sito non possono ASSOLUTAMENTE sostituire una visita o il parere forniti dal proprio medico o specialista, ne sostituire, modificare o affiancare eventuali terapie o cure in corso.
Termini e Condizioni

Non esiste dolore importante acuto  o cronico che non possa generare dei trigger points. Non esistono trigger points che stimolati non siano in grado di generare  dolore.

Ma nasce prima l’uovo o la gallina? Che tradotto potremmo formulare: sono i triggers points a generare dolore o il dolore a generare i trigger points?

Ma partiamo dall’inizio; cosa sono i trigger points?

I triggers points o punti grilletto definiti anche PAM o punti algici miofasciali sono punti presenti in diverse strutture del sistema muscolo scheletrico: cute, aree cicatriziali, muscolo, tendine, legamento, capsula, caratterizzati da una maggior densità tessutale di solito dolorabili alla palpazione.

Sono come dei nodi all’interno della struttura filamentosa che compone la maggior parte di questi tessuti molli.

I terapeuti esperti siano essi massagiatori che fisioterapisti o osteopati sono capaci di rintracciarli molto velocemente alla palpazione.

Sono punti di tessuto più compatto che agli inizi del novecento, quando l’ anatomo patologia svelava, grazie allo studio miscroscopico dei tessuti, la ragione di molteplici patologie, hanno suscitato un notevole interesse e clamore scientifico. In quel periodo infatti furono scritti diversi lavori  ed eseguite importanti e storiche lezioni magistrali a loro riguardo.  Autorevoli scienziati, neurofisiologi e medici  avevano postulato svariate ipotesi sul loro ruolo nella genesi delle diverse sintomatologie dolorose.

Furono create diverse classificazioni e attribuiti a questi punti i più svariati nomi, si definiva per la prima volta il concetto di dolore irradiato o di dolore a distanza.

Oggi a oltre un secolo di distanza questi punti forse perchè non sempre identificabili con l’esame ecografico e quindi non tangibili un po’ come con gli agopunti, hanno perso il loro interesse scientifico e da molti ortopedici, reumatologi e fisiatri vengono totalmente ignorati. Tant’è che alla facoltà di medicina e fisiatria dei miei tempi neanche si sono  studiati.

Ho iniziato a conoscerli, studiarli, trattarli e infine riconoscerli solo dopo aver eseguito i corsi di miofibrolisi del Dott. Giulio Picozzi e del Dott. Virginio Mariani e da allora non ho più smesso. I trigger points erano conosciuti nella medicina cinese come punti ashi.

Alcuni punti definiti  trigger latenti possono rimanere silenti  per anni senza dar segno della  loro presenza per poi venire alla luce magari  dopo uno sforzo improvviso o prolungato, dopo uno stiramento, un movimento o una postura  mantenuta  a lungo oppure anche dopo il raffreddamento del muscolo stesso e infine anche dopo un trauma.

I trigger points  definiti invece attivi  provocano una diminuizione del raggio di  movimento  e  della forza muscolare delle aree muscolari coinvolte, inizialmente poco visibile capace di generare una graduale rigidità e un dolore cronico o ricorrente.

Oggi ritengo che l’identificazione dei punti trigger e la loro eliminazione o riduzione sia un fondamentale percorso verso la completa risoluzione delle patologie muscoloscheletriche indipendentemente dalla loro causa.

L’eliminazione del trigger point genera sempre un miglioramento della sintomatologia dolorosa ma molto spesso si accompagna ad un transitorio aumento localizzato dell’infiammazione per liberazione da parte del tessuto di tossine e mediatori della flogosi. Ci si aspetta un possibile peggioramento del dolore che però è diverso dal dolore per giungere ad un netto miglioramento dello stesso.  E però importante segnalare che questo lavoro può non essere  duraturo.

Infatti i dolori ad eccezione dei traumi recenti hanno una componente talmente complessa da non poter sempre riconoscere  la vera causa che li ha originati. Alcune volte dolori apparentemente semplici e ritenuti di natura esclusivamente meccanica o posturale sono l’espressione di tensioni interne o viscerali e vice versa. Solo trattandoli in modo corretto e protratto  la loro vera natura e origine saltano fuori.

Potrei ripetere quello che dice il Dott Giulio Picozzi  ai suoi corsi “non trattare il dolore con l’agopuntura equivale a non far pulire il pavimento alla donna di servizio!” e aggiungerei che non utilizzare la miofibrolisi in caso di dolore muscolo scheletrico equivale a non usare la scopa per pulire il pavimento. La combinazione dei due trattamenti produce un lavoro completo a 360 gradi; la miofibrolisi lavora dall’esterno verso l’interno e l’agopuntura dall’interno verso l’esterno. Associando le due metodologie il risultato si raggiunge più velocemente.

La miofibrolisi è una tecnica che utilizza strumenti metallici a punta di varia forma, capaci di raggiungere i diversi distretti muscoloarticolari anche più profondi, come le inserzioni tendinee ovvero i punti dove il tendine si inserisce sull’osso. L’utilizzo di questi strumenti consente di individuare i triggers points anche più profondi e di eliminarli riordinano le fibre che li compongono.

Oggi nella medicina occidentale si usa l’infiltrazione con anestetici o analgesici dei punti trigger  così come nella medicina cinese si punge direttamente il punto trigger o ashi, queste tecniche hanno una loro efficacia ma non lavorano sull’intero sistema fasciale come invece fa la miofibrolisi.

Eliminato il trigger point l’energia e il sangue potranno nuovamente circolare liberamente in quel distretto, senza ingolfarsi o bloccarsi; ecco perchè l’agopuntura e la miofibrolisi seppur  indipendenti possono diventare trattamenti terapeutici complementari per la risoluzione di diversi dolori muscolo scheletrici.

E chiaro che se esiste una postura scorretta  o microtraumi ripetuti dovuti all’attività lavorativa, il risultato potrà essere incompleto e necessiterà quando possibile di un lavoro di rieducazione fisica e  correzione posturale.

Per quel che riguarda l’aspetto emozionale, l’agopuntura potrà aiutare limitare le tensioni, ma talora richiederà anche un’opera di introspezione e di consapevolezza che porti ad un cambiamento  reale e tangibile della vita e del modo di affrontarla.

Pertanto nel caso di alterazioni degenerative permanenti quali l’artrosi o deformazioni scheletriche anche gravi, così come negli esiti di traumi, il trattamento con la miofibrolisi e, meglio ancora, il trattamento combinato miofibrolisi-agopuntura  saranno in grado di ridurre la componente dolorosa in modo soddisfacente consentendo una limitazione della terapia antidolorifica e miorilassante.

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