Trovare un buon medico è difficile, siamo tutti d’accordo, per questo motivo molti ricorrono ad altre figure perchè traumatizzate da pregresse esperienze.
E’ infatti comune pensare che i medici in genere siano capaci soprattutto di far fare molti esami, spaventare a morte i pazienti e, quando si tratta di trovare strategie terapeutiche, ricorrere immancabilmente ai soliti farmaci; gli ansiolitici per l’ansia, gli ipnotici per l’insonnia, gli antinfiammatori e cortisonici per il dolore in genere fino ad arrivare agli oppiacei e cosi via.
Le persone che vedono in questo attegggiamento un limite non sono più disposte ad andare dai dottori e questo è un pò un dramma; si va dal pranoterapeuta, dall’osteopata e naturopata, di solito paramedici ovvero non laureati in medicina: fra questi alcuni sono davvero competenti e seri, mentre altri hanno una preparazione ed esperienza medica assolutamente insufficienti per valutare alcune situazioni patologiche nel loro insieme.
Spesso è proprio quest’ultima categoria a mostrare sicurezza e infallibilità, ostentando diagnosi assolutamente certe sull’origine del disturbo.
Al di lè di tutto però, una cosa è certa: se è importante per il paziente trovare un buon medico o terapeuta, altrettanto è per il medico trovare un buon paziente. E, lo devo proprio dire, la cosa non è affatto ovvia.
Un buon paziente è colui che non gira a destra e sinistra da diversi specialisti per i diversi disturbi che ha ma fa un passo alla volta, riferendo e chiedendo consiglio sull’eventuale utilità di andare da altri. Anche se è impossibile essere esperti in tutto, la medicina dovrebbe occuparsi di tutti i distretti, dalla pelle all”intestino, alla spalla… ovvero bisognerebbe curare il soggetto nella sua totalità.
Sono molti, anzi moltissimi, i pazienti che pensano “la spalla la tratto dall’agopuntore e la colite dal gastroenterologo” , oppure che un disturbo sia dovuto a una cosa e un altro ad un’altra, non ritenendo vi sia alcun legame e neanche un senso parlarne con chi ti sta curando appunto la spalla.
Un paziente deve essere anzitutto quello che dice il nome: paziente e certamente anche il medico lo deve essere!
Succede spesso invece che il paziente decida di concludere il suo trattamento senza aspettare che sia il medico a dirglielo, forse è abituato a medici che se ne approfittano o forse per la comune e solita fretta o forse perchè vuole gestire lui il suo tempo e le sue decisioni. Quello che accade comunemenete oggi è che il paziente, raggiunto un discreto miglioramento che supera il 50%, lo ritiene sufficiente.
Il lavoro con l’agopuntura e con la fitoterapia è quello di modificare uno squilibrio che, come si può capire nel caso di una bilancia, resta tale finche non è tolto completamente, altrimenti, più o meno rapidamente, si verificheranno le cosiddette recidive.
Un buon paziente non aspetta vent’anni per trattare un disturbo dichiarando, dopo i primi cinque trattamenti, di essere deluso per la scarsità di quell’efficacia che, a tratti o in modo parziale, riferisce di aver comunque sentito sul proprio organismo.
Ci vogliono almeno un anno di terapia continuativa e due anni di terapia non continuativa in totale per pensare ad una vera guarigione su un disturbo presente da oltre vent’anni e se vi dicono che vi curano in tre sedute vi prendono in giro. Un buon paziente non esegue un trattamento al bisogno come se andasse dall’estetista, a meno che non abbia già fatto un percorso e si tratti del mantenimento. Ho pazienti con cefalee ricorrenti che vengono da me solamente al momento della crisi; queste potranno godere anche di un variabile miglioramento del disturbo doloroso ma non basta e, soprattutto, non risolve.
E aggiungerei che, anche se egoicamente è davvero molto soddisfacente per il medico avere risultati brillanti e veloci, quasi miracolistici, per il paziente è molto meglio avere risultati più lenti e meno eclatanti.
Può succedere infatti che la disarmonia di fondo sia di fatto più seria e profonda rispetto al disturbo in superficie e il sintomo possa quindi migliorare, anche completamente, mentre la causa rimane latente, aspettando il momento migliore, vale a dire la sospensione della terapia, per poi riemergere magari anche dopo uno o due anni con un altro disturbo apparentemente di natura totalmente diversa ma spesso più serio.
Le possibilità terapeutiche dell’agopuntura non sono solo antalgiche o antidolorifiche, come molti pensano, ma possono lavorare sulle diverse disarmonie di fondo presenti alla radice dei vari disturbi fisici ed emotivi.
Oggi, dopo anni di esperienza, se il paziente migliora rapidamente e decide di sospendere anzitempo, a meno che non si tratti di un disturbo acuto semplice e senza storia clinica correlata e a maggior raggione se si tratta di un disturbo serio, lo invito a pensarci bene e a valutare l’importanza di continuare, anche se in modo meno insistente e più diluito, per lavorare profondamente sulla sua salute in genere.
Il miglior paziente è colui che, anche se guarito dal sintomo in modo completo e soddisfacente, vigila sull’intero sistema corpo-mente e magari decide di lavorare sulla radice del disturbo e mantenere il risultato con trattamenti regolari.
Il vero paziente deve sentirsi parte attiva del suo percorso di guarigione, partecipando alla creazione di quella che da sempre è stata chiamata “alleanza terapeutica”, trovando insieme al suo medico di fiducia le diverse strategie e interventi che possono coinvolgere anche altre figure professionali con una lavoro profondo a 360 gradi.
E’ la vera prevenzione di cui tanto si parla ma poco si pratica
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