Recentemente mi è capitato un caso classico di epicondilite “da barista”. La paziente era una giovane donna di 40 anni di mestiere barista, addetta soprattutto alla mansione del caffè e cappuccino da banco.
Come ben potete immaginare la ripetizione della manovra di inseririmento del caffè nella macchina mette l’articolazione di polso, gomito e spalla a dura prova soprattutto se la persona è di piccola statura e di minuta muscolatura come in questo caso.
Il quadro si presentava quindi molto semplice; il dolore era ben localizzato all’inserzione dei muscoli estensori sull’epicondilo omerale destro, presente da venti giorni circa ormai anche a riposo e soprattutto durante la mobilizzazione del gomito e anche alla palpazione dell’epicondilo.
Il caso sembrava un classico quadro di iper sollecitazione meccanica, responsabile di sovraccarico e tensione muscolare al braccio destro e secondaria infiammazione tendinea inserzionale. Non potei comunque fare a meno di pensare che il dolore era comunque localizzato sul canale di intestino crasso in una paziente affetta da stitichezza cronica inveterata.
La paziente è stata trattata con la tecnica della miofibrolisi lavorando sull’intera catena miofasciale dal rachide cervicale fino alla mano insistendo bene sul gomito, dopo il lavoro sul tessuto tendineo e muscolare è stato eseguito trattamento di agopuntura sul meridiano di grosso intestino e sulle aree distanti corrispondenti al gomito dolente. Alla fine è stato posizionato un taping per favorire il drenaggio e migliorare la performance motoria.
Dopo il primo trattamento il dolore è regredito dell’80%, dopo il secondo trattamento il dolore era totalmente sparito ma la paziente iniziava a lamentare dolore al gomito controlaterale esattamente nello stesso punto. Dolore che si è acutizzato a tal punto da richiedere altri due trattamenti dal lato opposto.
Il quadro appare totalmente inspiegabile dal solo punto di vista ortopedico, in quanto la paziente il braccio sinistro lo usa pochissimo, ovvero non avviene nessuna sollecitazione meccanica in grado di giustificare la tendinopatia.
Questo strano fenomeno del passaggio al lato opposto lo avevo già osservato in un caso di pubalgia; può capitare in alcuni tipi di sciatalagia ed è certamente frequente e conosciuto nelle cefalee vasomotorie dove chi ne soffre sa bene che spesso la cefalea, prima di andarsene, passa dal lato opposto.
Per la mia esperienza questi casi sono delle verifiche che anche i disturbi apparentemente legati a cause fisiche possono avere una contemporanea causa interna o viscerale in grado di emergere in superficie .
Il trattamento con miofibrolisi è elettivo per questi disturbi. Questa metodica di massaggio dei tessuti molli infatti non tratta solo il tendine e l’inserzione tendinea infiammata ma tutta la catena muscolare e l’eventuale neuropatia cervicale sottostante. Inoltre, attraverso il collegamento anatomico costituito dal tessuto connettivo, è possibile comprendere come gli organi interni e visceri possano essere collegati alle strutture più esterne; muscoli, tendini e pelle.
Molti chiropratici, posturologi e ovviamente agopuntori e massaggiatori che seguono i fondamenti della medicina cinese sanno che alcuni dolori articolari, muscolari e anche tendinei possono avere una causa o concausa viscerale e proprio per questo usano tecniche fisiche specifiche per interargire con essi.
Dalla visita e dalla valutazione non è sempre facile, anzi direi che molte volte è impossibile, risalire alle cause di un dolore senza tirare ad indovinare; anche se alcune volte esiste una intuizione sostenuta da una conoscenza di fondo, vale sempre la pena di interagire a 360°. Un dolore anche banale deve essere affrontato nella sua totalità.
Localmente, lungo tutta la sua catena muscolare, a livello paravertebrale risalendo ai neurotomi corrispondenti e infine al livello viscerale… sono molte le tecniche che hanno questa competenza e completezza terapeutica.
E’ possibile capire perchè un ultrasuono, un laser o un’applicazione di onde d’urto, agendo esclusivamente in modo locale, siano molto spesso poco efficaci per risolvere quadri anche banali di epicondilite, che tendono a recidivare proprio perchè la causa sottostante non viene considerata; queste forme, se non trattate adeguatamente, possono anche cronicizzare formando talora delle calcificazioni tali da richiedere in alcuni casi un intervento chirurgico.