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Direttore d’orchestra – by Valeria

 

In un soleggiato pomeriggio di molti anni fa entrai in casa di mia nonna. Tornavo dal giardino sudata e felice dopo aver giocato per diverse ore.

Allora avvertivo ogni parte del mio corpo non come mondi scollegati fra loro bensì come un tutt’uno saldo e forte, uno strumento dove ciascun componente trova il suo specifico compito, non meno importante di qualsiasi altro …

A quel tempo ero assai piccola e ritenevo che le varie parti che compongono il corpo umano decidessero autonomamente quale movimento compiere e quando; in armonia con tutto l’organismo.

La mia nonna mi spiegò che no, non era in questo modo che funzionavo; mi disse che era sempre il cervello a “decidere”, cioè ad inviare l’impulso a un braccio o a una gamba, ad un organo interno o a un muscolo.

Provai in quel momento una sorta di profonda, dolorosa e probabilmente ingiustificata, delusione.

Lei parve intuire il mio disappunto e per dimostrarmi la veridicità della sua affermazione mi spiegò che senza una gamba o senza un braccio è possibile sopravvivere, senza il cervello che direziona pensiero e movimento no.

Per la prima volta guardai le mie mani come se non mi appartenessero più. Osservai piedi e gambe con la sensazione che mi fosse stata tolta una possibilità.

E mi sembrò che alla mente venisse improvvisamente attribuita una responsabilità troppo grande.

Nei giorni successivi avvertii una strana sensazione di “scollegamento” delle varie parti del mio corpo che, nel sentirsi relegate al ruolo di mere esecutrici, persero gradualmente il piacere della presenza.

Ci misi dei mesi ad abituarmi a questa nuova percezione di me, ma quando mi rassegnai ad essa mi resi conto che i miei movimenti avevano perso in velocità, in dinamismo e scioltezza.

Cominciai insomma a “filtrare attraverso la mente” ciò che probabilmente prima avveniva perché “diretto” in altro modo.

Per dare un’idea di cosa mi stava accadendo, si può immaginare un’orchestra che di colpo si rassegni a suonare meccanicamente un brano di musica sinfonica lasciando integralmente al direttore il compito di condurre l’esecuzione.

Immagino che in breve tempo ne uscirebbe della musica forse suonata tecnicamente bene ma senza “anima”.

Capisco che tutto questo ad occhi adulti possa sembrare assurdo ma per me, allora bambina, fu inaccettabile.

Ritornavo spesso con la memoria alle giornate in cui una corsa, nel compierla, la sentivo direzionata dal piacere che si spandeva nella pancia, e non avevo ancora alcuna percezione del ruolo del mio cervello, o meglio non più di quanto mi potesse sembrare essenziale il funzionamento dei vasi sanguigni. Nel ricordare provavo un’intensa nostalgia.

È incredibile come una semplice informazione ricevuta in giovane età possa influire tanto profondamente nel modo di sentirci e di sentire.

Bene, sono trascorsi molti anni da allora e oggi so che “tecnicamente” mia nonna aveva ragione.

E tuttavia ho lentamente ripreso ad immaginare un’“anima” in ogni mia cellula, attribuendo a ciascuna una parte attiva e non più di semplice subalternità ad un ordine impartito dalla mente.

Tutto ciò corrisponde solamente ad un’idea, e non ha certo pretesa di essere un trattato sul funzionamento del corpo umano.

Ma questa idea ritorna come un’eco investendo tutto il mio essere che ha ripreso gioia di vivere, vigore, piacere di esistere.

Non si sente più diviso e decentrato in parti da considerare gerarchicamente più o meno importanti bensì presente in ogni punto e, al tempo stesso, in un unico punto.

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9 Comments

  1. monica ha detto:

    bellissimo post!

  2. Giuseppe ha detto:

    Tutte le volte che osservo una orchestra suonare guardo attentamente i singoli musicisti. Cerco di andare a fondo nella loro individualità: uomini e donne col loro mondo “a parte”, eppure che in quel momento offrono il loro contributo all’opera in comune, armonizzandosi tra loro. E mi capita di apprezzare anche quello che suona solo due note, che batte solo un colpo di tamburo o di piatti…e noto che anche il suo “tocco” contribuisce alla bellezza della sinfonia. Ciao Valeria, bel post.

    • Valeria ha detto:

      In effetti anch’io durante l’esecuzione di un’orchestra vengo catturata dal particolare musicista inserito nella visione di insieme. Ed è sempre un’emozione…
      Grazie Giuseppe

  3. shanti liateresa ha detto:

    Ho trovato molto interessante il tuo ricordo di bambina,cosi preciso,forse la tua nonna non aveva ragione, semplicemente rispondeva ad un programma di sopravvivenza; certamente funzionale per un bambino, si chiama condizionamento..

    • Valeria ha detto:

      Eh si, mi sa che hai ragione… basta un minuto per condizionare e poi una vita intera per “decondizionare” spesso non è sufficiente!

      • shanti liateresa ha detto:

        molto divertente scrivere su di un blog….e trovare una “risposta”……….posso aggiungere un’altro capitolo,grazie alla tua nonna,…. E’ anche vero che probabilmente è necessario che accada tutto cio’ quando siamo bambini…fino ad un certo punto…..

  4. shanti liateresa ha detto:

    e piacere di conoscerti!