L’AGOPUNTURA
A CHI E’ CONSIGLIATA
A meno che non vi sia una particolare fobia riguardo allo strumento “ago”, questa tecnica viene utilizzata come trattamento di fondo e di base in quasi tutti i pazienti con problemi dolorosi, disfunzionali, dismetabolici e degenerativi sia acuti che cronici, gravi e lievi e se possibile anche nei pazienti già risolti o anche solo per agire in modo preventivo sull’insorgenza di patologie future. Questo perché l’agopuntura, se adeguatamente utilizzata, permette di agire sulla totalità dell’individuo corpo-mente-emozioni, riarmonizzandolo dall’interno e riportandolo verso un equilibrio più stabile.
I RISCHI
Gli aghi usati sono sottilissimi e monouso, quindi non vi sono rischi infettivi di nessun genere. Anche in caso di conclamata allergia ai metalli l’unico reazione è un piccolo arrossamento locale nella zona del puntura.
Nessun pericolo anche per i pazienti scoagulati; gli aghi sono in grado di generare al massimo alcuni piccolissmi ematomi superficiali e comunque solo occasionalmente e senza alcun significato.
LA TECNICA
Il metodo usato è estremamente antico e prevede che il paziente non debba neanche spogliarsi. Si pungono prevalentemente i cosiddetti “cinque punti antichi” presenti sui quattro arti, alcuni punti della testa e del padiglione auricolare di supporto.
Così facendo si lascia l’area dolorosa, quando presente, libera da aghi e trattabile con mobilizzazioni articolari, massaggi o manovre che ci consentono di verificare sul campo l’efficacia del trattamento sia sul dolore che sul miglioramento dell’escursione articolare.
La metodica sfrutta l’alternanza Yin-Yang, Alto-Basso, Destra-Sinistra, agendo in modo estremamente dinamico e riproducendo un riequilibrio energetica globale di tipo circolare in grado di agire sul sintomo e sulla costituzione del paziente.
I TEMPI
Gli aghi, una volta inseriti, vengono lasciati da un minimo di 30 ad un massimo di 75 minuti. Il paziente resta comodamente sdraiato, al caldo, in un ambiente idoneo a condurlo al rilassamento; molta attenzione viene posta a questo riguardo: luci soffuse, profumazione dell’ambiente, musica di sottofondo.
Se il paziente è in fase acuta si richiedono trattamenti ravvicinati fino al massimo di tre alla settimana mentre, se il disturbo è cronico o lieve, si richiede di solito un trattamento alla settimana; molta importanza è data alla continuità del trattamento che, se mantenuta in modo serio, consente al lavoro di entrare dalla superficie sempre più in profondità; quando il paziente ha raggiunto il beneficio e se il disturbo era di recente insorgenza, si consolida il risultato con alcune sedute in più a distanza di quindici, venti o trenta giorni.
Per i pazienti che invece hanno un disturbo cronico presente da numerosi anni si richiede una continuità anche se il risultato è stato raggiunto; i trattamenti saranno meno scadenzati e via via più distanti nel tempo, prima ogni due settimane, poi ogni tre e infine un trattamento al mese. Per curare correttamente un disturbo presente da dieci anni ci vuole un minimo di un anno di lavoro e questo deve essere chiarito affinché il paziente si possa considerare trattato in modo completo e serio.