Il sapere, come spiega Andrea Di Terlizzi nel suo libro “Scrivere sull’acqua“, non significa conoscere e tanto meno realizzare o interiorizzare il significato profondo di qualcosa.
Il sapere, aggiungerei, produce spesso nelle persone uno stato di maggior confusione dato dall’ammucchiare nozioni senza la possibilità di metterle in ordine.
Queste informazioni, alla stessa stregua degli oggetti, diventano utili solamente se utilizzati correttamente e riposti nel luogo adatto e a loro dedicato. Accumulare oggetti anche bellissimi in una casa trasformandola in un deposito o peggio in un inferno come fanno gli accumulatori seriali è dannoso.
Il puro nozionismo, soprattutto in campo medico, può causare lo stesso effetto e impedire una visione corretta e completa delle situazioni. Un’informazione, seppur dettagliata ma non realmente compresa o interiorizzata, può confondere anziché fare chiarezza.
Oggi i soggetti più a rischio sono i bambini che iniziano ancora nel grembo materno ad essere misurati in lungo e in largo con le sofisticate macchine ecografiche di nuova generazione. Esami che non si fanno più unicamente per escludere patologie severe ma per iniziare quello che proseguirà per gran parte della loro crescita e vita: la creazione, da parte di terzi, di aspettative facilmente disilluse.
Che si tratti della lunghezza del femore e la circonferenza cranica settimana per settimana, del peso mese per mese, della prima parola, dei primi passi. della capacità di esprimersi e di leggere o ancora di muoversi, se prima esisteva il rischio di non accorgersi del ritardo dello sviluppo psicomotorio di un bambino oggi il rischio è esattamente all’opposto.
La professoressa Morosini lo chiamava già oltre 50 anni fa “ipermedicalizzazione”. Le tabelle i cosiddetti percentili per misurare lo sviluppo fisiologico e le sue funzioni possiedono un limite dato dalla linea tra fisiologico e patologico. Questa si determina a priori attribuendole un valore fisso valutato matematicamente. Ne risulta che il soggetto definito “border line” ovvero a cavallo di questa linea, potrebbe essere sano come un pesce (e forse di più ), oppure malato.
Il rischio è che lo si curi e tratti come un malato anche se sano; non è cosa da poco e neanche da sottovalutare.
L’ipermedicalizzazione produce i suoi danni non solo in termini di farmaci che si potevano evitare e che a lungo andare possono generare altri problemi ma soprattutto in senso squisitamente psicologico: si condiziona una persona a sentirsi malata e questo causa più danni di quanto non si possa immaginare.
A questo proposito anche il lasciare chiaramente passare ai pazienti il messaggio del sospetto di una patologia severa solo per uno scrupolo è a mio parere pericoloso. Il medico in questo modo si è totalmente scaricato da qualsiasi responsabilità e dubbio che ha buttato sulle spalle del paziente che non sempre è in grado di reggere la notizia.
Si può, e si dovrebbe a mio parere, evitare evitare di mettere il paziente al corrente dei nostri sospetti clinici soprattutto quando possono essere il frutto di nostre ansie personali! E’ proprio qui che il percentile e il singolo dato fuori dai parametri sono da inserire in una valutazione molto più ampia e lungimirante e non con i paraocchi e la rigidità di un matematico.
Non esiste un essere umano uguale all’altro come non esiste un DNA uguale all’altro e anche nei gemelli, lo sviluppo può essere diverso. Mantenere troppa rigidità sulla valutazione dei parametri clinici data dal continuo aumento delle informazioni scientifiche nei diversi settori sanitari rischia di diventare un pericolo e non un vantaggio per la nostra salute.
Anche il canone estetico è diventato sempre più concetto e una visione limitata nel quale molte persone, per costituzione e natura, non potranno mai rispecchiarsi. E’ come se fossimo dei fruttivendoli che vogliono trasformare tutti i loro frutti in mele… una banana è una banana e un melone è un melone. Il DNA è quello che riceviamo dai nostri genitori e ci condizionerà per tutta la vita. Non sarebbe molto meglio accettarlo per quello che è?
Una cosa è voler migliorare alcuni difetti e una cosa è voler cambiare radicalmente la nostra natura e il suo fisiologico evolvere nel tempo.
Il risultato non potrà che essere disarmonico e le aspettative sulla nostra salute, intesa come benessere fisico e psicosociale, non potranno che essere disilluse per l’ennesima volta.
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1 Comment
Concordo e sottoscrivo. Una nota: è interessante come alcune cose assumono un connotato più reale quando vengono riportate dai media… “accumulatore seriale”: io non sapevo neanche che esistesse prima di avere Sky… adesso riconosco l’ipertesto “accumulatore seriale” collegandolo a quanto ho visto su Sky, e vedo che anche Cathrine utilizzo questo termine. La domanda sorge spontanea: anche tu hai conosciuto il fenomeno grazie a Sky oppure lo conoscevi anche prima?